Sigma Barcellona, coach Calvani "Niente trucchi, solo tanto lavoro!"

Fonte: Ufficio Stampa Sigma Basket Barcellona
Marco Calvani
Marco Calvani
© foto di Foto Ignazio Brigandì

Si ritiene una persona normale che sa distinguere il momento del lavoro da quello personale fuori dal contesto lavorativo. In campo è estremamente esigente con se stesso e con la squadra, fuori è disponibile con tutti, gli piace ridere e scherzare, prendere e farsi prendere in giro. Ama la lettura e l'ascolto della musica classica, gli piace essere informato sulle vicende politiche nostrane e quanto accade nel mondo, poca televisione ma tanta informazione Sky TG24, Ballarò, Servizio Pubblico, Porta a Porta, Report. Apprezza trasmissioni come Master Chef che danno la possibilità a persone di diversa estrazione sociale e lavorativa, di mettersi in gioco con un aspetto così creativo come la cucina. Questo è l’identikit di coach Marco Calvani.

 Come e quando è nato il rapporto tra Calvani e il Basket?

“Cominciato intorno ai 14 anni da un mio zio che allenava. Rapidamente si è capito che avevo grande carattere e determinazione ma a talento non ero un fenomeno. Rapito dal basket, decisi di smettere di giocare e dedicarmi all'insegnamento facendo tutta la trafila. Ho capito nel tempo che allenare poteva essere il mio lavoro, ed eccomi qui.”

Quali sono le partite di cui conservi ricordi più piacevoli? Spiacevoli ?

“Quelle piacevoli tante, troppe da ricordare tutte. Con Roma la finale in Coppa Korac del 1992 con la Scavolini in un PalaEur stracolmo di gente, tutta la serie finale della promozione in A2 con Montecatini al mio primo anno, finale promozione in A2 con la Scavolini fu anche record di serie play off senza una sconfitta, gara 6 semi finale play off a Cantù lo scorso anno. Ma la più importante fu quella del 26 novembre del 1995, ero a Roma e giocavamo contro Forlì in casa. Fu il giorno che nacque mio figlio Matteo. Quelle spiacevoli? Cancellate.”

Hai avuto la possibilità di allenare grandi giocatori ma per te, il migliore chi è? Perché?

“Anche qui sono stati tanti, farei un torto a citarne solo qualcuno. Ognuno mi ha trasmesso qualcosa come serietà, professionalità, tecnica, tattica. Ricordi che porto sempre con me.”

Hai allenato un giocatore come Datome, qual è la caratteristica che ha permesso di fare il salto di qualità e andare in America? “

Datome è un esempio di serietà, professionalità ed applicazione nel lavoro. Non lascia mai niente al caso. Oggi è facile parlarne ma io ho avuto la fortuna di allenarlo quando era a Scafati al suo primo anno da senior ed anche lì già si intuiva la fame che aveva di arrivare al top. A volte dovevo impedirgli di venire in palestra ad allenarsi perchè lo faceva anche nel giorno di riposo. Ma ad averne di giocatori così. Ore ed ore a lavorare su un particolare che fosse il tiro, il palleggio, il passaggio. Ed infatti non è un caso. Un vero esempio.”

Il tuo motto qual’è ?

“Lavorare in palestra.”

Qual'è il trucco per diventare un grande allenatore?

“Non ci sono trucchi e comunque lo dovete chiedere ai grandi allenatori, a chi ha fatto la storia della pallacanestro. Credo comunque che la serietà, applicazione e costanza nel lavoro, siano le chiavi per qualsiasi successo. Poi ci vuole sempre e comunque il fattore “C”!!!”

La tua giornata tipo?

“Sveglia verso le sette, colazione e studio inglese, ufficio, palestra, pranzo, di nuovo ufficio poi palestra e casa. Spesso sono fuori a cena ospite a casa di qualcuno o in qualche ristorante.”

Cosa pensi di Barcellona , della Sicilia, del PalAlberti e della sua gente?

“Non avrei bisogno io di dirlo ma Barcellona deve stendere tappeti rossi al sig. Bonina che negli anni ha permesso a questa cittadina di vedere rimbalzato il suo nome in tutta Italia. Allo stesso tempo, ha permesso ai Barcellonesi di vedere tanti giocatori, allenatori, manager che hanno fatto un pezzo di pallacanestro nazionale. Del sig. Bonina se non lo conosci, ti fai un'idea per quello che si racconta, come di ognuno di noi del settore. Ma è una persona schietta, diretta, passionale e sai che non ti tradirà mai.

La Sicilia ed i siciliani mi sono stati sempre nel cuore. Ho ottimi ricordi del periodo Trapanese e così sarà anche per questa esperienza. Questa regione ha una storia importante dentro, radicata nel tempo, con testimonianze che partono dal periodo avanti Cristo fino ad i giorni nostri. Troppo spesso Sicilia è stato sinonimo di cose brutte, luoghi comuni che lasciano il tempo che trova. La gente siciliana è gente vera, ti ama se sai farti apprezzare prima di tutto come persona. Lo spero anche per me.

Barcellona ed il PalAlberti mi hanno sempre colpito per il trasporto e la spinta che davano alla loro squadra. Ero affascinato dal “sesto uomo” che il tifo riusciva ad essere per i giocatori in campo, sempre e comunque. Oggi vedo una divisione tra il tifo, due realtà staccate che invece dovrebbero essere la spinta per tutti gli altri spettatori che non fanno parte del tifo organizzato. Credo che i barcellonesi, se vogliono, possono tornare ad essere quello che sono sempre stati, un fattore a volte decisivo per l'esito dei risultati.”

Cosa pensi della cucina siciliana e qual'è il piatto preferito?

“La cucina siciliana è fantastica come del resto i siciliani. Ti sorprende sempre, ti lascia veramente a bocca aperta. Dallo “stocco” al tonno, puoi deliziarti con piatti semplici ma che ti lasciano sempre qualcosa. Ma anche le cose semplici come la pizza siciliana, sono sempre con sapori particolari. E non parliamo dei dolci, la Sicilia la può spiegare a tante altre regioni.”

Di questa squadra cosa ti ha impressionato?

“La competenza, il back ground di ogni giocatore a parte qualcuno più giovane. Purtroppo però, non sono cose che da sole ti fanno vincere, ogni anno si resetta tutto e si ricomincia. Sono e possono essere un valore aggiunto ma il segreto di Pulcinella è sempre e solo uno: il lavoro in palestra. Oggi costruiamo qualcosa per l'immediato ma anche per il futuro. Sta a noi come lo faremo.”

Qualche aneddoto epico della tua carriera, si può raccontare?

“Epico direi di no. Due flash simpatici legati a due risultati comunque importanti. Uno la doccia che mi hanno fatto a Pesaro dopo la vittoria in Korac dove Dino Radja mi prese in braccio per “accompagnarmi”, ovviamente vestito, sotto la doccia. L'altro, lo scorso anno dopo la vittoria in gara sette di semi finale, taglio dei baffi in spogliatoio della squadra eseguito da Datome e company. Anche quello è servito per permetterci di arrivare dove siamo arrivati.”

Quali squadre vedi favorite in questa stagione?

“Torino per spessore tecnico, esperienza, profondità e guida tecnica. Trento per la serenità e semplicità di come Buscaglia li tiene in campo. Capo d'Orlando per la grande serietà, esperienza e professionalità che hanno giocatori come Soragna, Basile e Nicevic su tutti. Ed ovviamente Barcellona, per uomini ed esperienza, non è meno a nessuna. Chiedo solo salute e la possibilità di allenarci con un minimo di continuità.”

Lancia un messaggio ai tuoi ragazzi ma anche al Popolo Barcellonese

“Lancio il messaggio prima a me stesso: per avere seguito, passione, interesse nella nostra squadra, abbiamo bisogno di dare continuità di crescita che, ad oggi, è stata troppo ondivaga. Al pubblico che capisco per la loro insoddisfazione del momento, chiedo sostegno almeno se vedono una squadra lottare e “sbattersi”, altrimenti è giusto criticarci.”

Concludiamo con un saluto per i nostri tifosi

“Mi ripeto per quanto esposto sopra. Oggi non siamo “travolgenti” per come ci vorreste, almeno cercate voi di essere uniti nel sostenerci e magari trarremo spunto dalla vostra spinta per dare le giuste soddisfazioni che merita questa piazza. Li ringrazio comunque per come mi hanno accolto facendomi sentire, da subito, uno di loro. Grazie”

Alessandro Palermo