Quattro chiacchiere con Ettore Messina

27.10.2014 20:48 di  Simone Sperduto   vedi letture
Quattro chiacchiere con Ettore Messina

Chiacchierata con uno degli allenatori italiani più vincenti di sempre: Ettore Messina. Il tecnico, siciliano passato da poco ai San Antonio Spurs dove riveste il ruolo di vice allenatore, si è fermato con noi a parlare di Eurolega e del basket in generale.

Ettore, hai vinto l’Eurolega per ben quattro volte, due con la Virtus Bologna e due con il CSKA Mosca. Qual è stata la vittoria più bella e perché ?

EM: Mah, tutte le vittorie sono state belle per fortuna. Ognuna di loro ha un motivo speciale per ricordarle. Fare una graduatoria è un po’ difficile.

Conosci molto bene l’Eurolega. Quali sono gli ingredienti per arrivare fino in fondo a questa competizione?

EM: sicuramente dico una banalità...bisogna avere una squadra forte, una squadra profonda che possa anche riprendersi dagli infortuni o magari vincere delle partite quando gli mancano uno o due giocatori. Una squadra dove ci siano uno o più leader che abbiano la capacità di prendere in mano il team nei momenti difficili.

Ci vuole un po’ di fortuna. Ci vuole la capacità di giocare la partita secca perché dopo un’intera stagione in cui giochi girone all’italiana e play off e hai sempre una seconda opportunità anche se hai perso, improvvisamente la tua stagione viene decisa da due partite secche dove non puoi fare nessun errore e tante volte un pizzico di fortuna ha deciso tanti campionati.

Com’è cambiato il tuo modo di allenare nel corso degli anni e cos’è cambiato nel mondo del basket?

EM: I cambiamenti sono stati probabilmente in funzione di quello che è cambiato nel senso che oggi gli atleti sono migliori e forse il campo è diventato un po’ piccolo. I giocatori sono mediamente più alti, più rapidi e più potenti. Sicuramente il gioco si è arricchito di tante nuove varianti ed è diventato più veloce. Il fatto di aver introdotto la regola dei 24 secondi nel 2000 ha contribuito al cambiamento. Penso che il nostro sia uno sport in continua evoluzione e ogni anno devi fare qualche adattamento per poter stare al passo coi tempi.

C’è un giocatore che non hai mai allenato ma che ti sarebbe piaciuto avere tra i tuoi?

EM: Ci sono stati tanti giocatori. Negli anni 2000 un giocatore sicuramente affascinante è stato Anthony Parker che abbiamo visto anche in Italia per un anno a Roma. Mi sento anche fortunato per aver avuto la possibilità di allenare tantissimi grandi campioni.

Guardando la tua carriera ricca di successi, rifaresti le stesse scelte o ci sono delle scelte di cui ti sei poi pentito?

EM: Credo che ognuno di noi nella propria vita ha fatto delle scelte di cui si è pentito. Chi è fortunato ha una buona percentuale di scelte azzeccate. Quello che azzecca tutte le scelte non esiste e per definizione le scelte vengono fatte in un momento in cui hai determinate informazioni e sensazioni. Va bene rivederle dopo ma è inutile stare lì a rimpiangerle.

Secondo te cosa serve al campionato italiano per tornare ad essere uno dei campionati più affascinanti d’Europa?

EM: Non è una risposta che si può dare in due e due quattro. Certamente tutti si attaccano al fatto che non ci sono più tante risorse economiche, però sicuramente negli ultimi dieci anni c’è stato anche un tasso di litigiosità e l’incapacità di vedere un futuro comune che credo sia costato moltissimo al nostro movimento.