Lega A - Bruno Fitipaldo, lo straniero del momento in serie A

Lega A - Bruno Fitipaldo, lo straniero del momento in serie A

L'uruguagio Bruno Fitipaldo, playmaker in forza a Capo d'Orlando, è il giocatore del momento in serie A. 25anni, titolare della nazionale uruguaiana, è arrivato in estate dopo essere uscito dal suo paese solo per giocare due anni all'Obras Sanitarias in Argentina. 

Come è arrivato a Capo? gli ha chiesto Salvatore Pintaudi per la Gazzetta dello Sport. «Volevo fare un'esperienza fuori dall'America, quando mi hanno detto che c'era questa possibilità, ho chiesto notizie ad amici, su squadra e società. Ne ho parlato con la mia famiglia e con Luciana, abbiamo controllato sulla cartina dove si trovava e ho capito che era una piccola città. Però quando sono arrivato e ho visto il mare mi sono sentito come a casa».

Da piccolo voleva fare il calciatore, perché poi il basket? «Vero, avevo cominciato con il calcio, da noi è molto popolare. Mio padre però giocava a basket ai massimi livelli, anche se non erano professionisti. Ho cominciato proprio con lui a 10 anni, nel giardino di casa mia c'è un canestro con mezzo campo, mi batteva sempre. Poi mi rifacevo con i miei fratelli Juan Andres di 27 anni e Herman di 22: vincevo io sistematicamente. Siamo una famiglia che vive di basket, però il mio sogno è conoscere Luis Suarez e Messi, i miei idoli».

Il suo cognome è di chiare origini italiane. «I miei bisnonni paterni erano di Lauria, in Basilicata. Quelli materni si chiamavano Di Domizio ed erano invece di Trani, in Puglia. In Uruguay siamo in molti ad avere origini italiane, la famiglia della mia ragazza fa Tripodi, è di Reggio Calabria».

Ad Andrea Barocci per Il Corriere dello Sport, Bruno Fitipaldo ha raccontato la sua evoluzione fisica: «Allora, avevo 15 anni, ho capito di essere lento, e che avevo bisogno di un lavoro fisico speciale». Così ha chiesto aiuto ad Andres Barrios, famoso tecnico di atletica, e ha preso a correre sulla pista assieme a quella che sarebbe diventata una delle più famose sportive del Paese, la quattrocentista Deborah Rodriguez, poi olimpica a Londra 2012. «Deborah ha un anno meno di me, ci siamo allenati tanto assieme, e tutt'ora siamo rimasti in contatto».

Due Modelli. Il primo è Manuel Ginobili: «Manu ha un' intelligenza superiore e una mentalità perfetta per uno sport di squadra. Ha saputo cambiare il suo gioco con il passare degli anni a seconda di quello che il corpo gli permetteva di fare». L'altro si chiama Juan Andrés, ha due anni più di lui, soffre della sindrome di Down. Ed è suo fratello maggiore. «Io, l'altro fratello e i miei genitori abbiamo imparato tanto e tanto continuiamo a imparare da lui - spiega serio il playmaker - E' una situazione particolare: non tutti hanno la possibilità di tenere una persona speciale in famiglia come facciamo noi. Juan ci ha aiutato ad apprendere molte cose, è stato un grande esempio: ha fatto tanti sforzi per andare a scuola, per imparare a lavorare e per guidare un'auto come una persona normale».

Cosa ha di speciale Capo d'Orlando? «L'atmosfera, la gente, la società sempre positive e ambiziose. Mi hanno dato fiducia e la possibilità dimosnare quello che so fare. Mi lasciano giocare. E per me questo è fondamentale».