Carlton Myers: «Servono meno stranieri ma con più talento. Gli italiani devono svegliarsi»

L'ex capitano della Fortitudo Bologna e della nazionle analizza lo stato di salute del nostro campionato
Carlton Myers
Carlton Myers

Carlton Myers, oro agli Euroepei francesi del 1999 con Tanjevic in panchina, ed ex portabandiera azzurro ai giochi olimpici di Sidney 2000, è pronto per riapparire sugli schermi televisivi al fianco di Fiammetta Cicogna alla conduzione della trasmissione Wild. Intervistato da Andrea Barocci del Corriere dello Sport non dimentica affatto la pallacanestro e dice la sua sul momento attuale della pallacanestro italiana in particolare sui giovani talenti.

 

Eccone i passaggi principali:

 

Meno extracomunitari ma più bravi «Dicono che ci sono troppi giocatori stranieri nel nostro campionato. Ora, voglio chiarire subito che io non ce l'ho con loro, perchè sono stati proprio gli americani a farmi maturare: Parker, Rivers e tanti altri. Senza queste figure la pallacanestro non sarebbe cresciuta. È però vero che allora c'erano tanti bravi italiani. Adesso il livello degli stranieri è scarso. Inostri di talento? Ci sono an- cora: Belinelli, Gallinari, Datarne, Bargnani, ifratelli Gentile, Melli e tanti altri. Forse è venuto il momento di ridurre il numero degli extracomunitari. E fare più selezione dal punto di vista tecnico e anche umano».

 

Italiani...svegliatevi!. «Però gli italiani si devono svegliare e lavorare anche fuori dagli allenamenti ordinari, senza "subire"gli stranieri: alzando la voce e facendosi spazio per gestire il gioco, per dimostrare di voler migliorare e diventare dei n.1. Questo deve essere l'obiettivo! non l'accontentarsi».

 

Non abbiamo toccato il fondo «Il nostro basket ha toccato il fondo con il cognome errato sulla maglia di Diener all'Ali Star Game? Anche oggi continuano sbagliare il mio... Ma non è solo la crisi della pallacanestro: è dell'intera società, alla quale mancano risorse economiche. Il basket deve trovare delle valide alternative, magari cambiando la sua organizzazione. Eppure io non sarei così negativo, perchè il nostro continua ad essere il secondo sport più seguito».

 

Soldi o niente Serie A «Non è possibile che esistano delle società che pagano i giocatori in ritardo di due o tre mesi. Già un mese è sbagliato. I conti vanno fatti pr ima, non dopo! La spesa io la vado a fare non con i soldi che penso di avere chissà quando, ma con quelli che ho. Secondo me bisogna incominciare a dare un giro di vite a questa situazione. Certo, c'è la crisi, ma non può sempre essere un alibi».

 

NBA? No grazie «Perchè non sono andato nella NBA? Alla fine della stagione 93 94 ricevetti un fax dei New York Knicks che mi invitavano ad un try out. Non andai: anzi, non risposi proprio. Volevo stare a casa, concentrato su quello che stavo facendo: non mi interessava proprio».

 

L'importanza della fede «Tutto quello che mi è accaduto nella vita fa parte di un disegno divino, e ringrazio Dio per il percorso che ho fatto. Altrimenti forse non mi sarei convertito. Era l'agosto del 2003, stavo a casa leggendo la bibbia che mi aveva regalato mia nonna. E mi sono reso conto che se il Signore mi avesse trovato in quel momento, io non sarei stato pronto. Così mi sono inginocchiato, pregando che mi salvasse. Ho dovuto gridare a Dio, perchè stavo sprofondando. Oggi sono un cristiano evangelico pentecostale, e sono rinato. Il Signore è la mia vittoria più importante».