A2 F - Pinotti, la Scuola Sanga Milano e il Femminile a 360°

Fonte: Ufficio Stampa Sanga Milano
A2 F - Pinotti, la Scuola Sanga Milano e il Femminile a 360°

Agosto, ma c’è chi non stacca mai la spina e lavora già per la prossima stagione che è alle porte. Approfittiamo per sentire da una voce autorevole, il pensiero educativo del Sanga. A volte può far bene fermarsi, anche solo per un attimo, a riflettere e scambiare idee. Mettendo nero su bianco, ci si sforza di presentare un metodo che può anche essere non condiviso, ma sicuramente permette di applicarlo e migliorarlo, molto più di tante parole campate in aria.

– Coach Pinotti ha voglia di spiegarci in cosa consiste la Scuola Basket del Sanga Milano? Partiamo dal minibasket, principale fonte e motore di ciò che viene dopo. Abbiamo per la maggior parte tutti Laureati in Scienze Motorie e/o Istruttori Nazionali. Maschile e Femminile insieme fino a produrre gruppi solo maschili e solo femminili, sin dalle Libellule, alle Gazzelle per finire il percorso elementare con la categoria Esordienti. Chiediamo ai nostri Istruttori che le ragazze escano dal percorso di minibasket con una serie di caratteristiche psicofisiche basate sul cognitivo, ma anche sull’apprendimento dei fondamentali di pallacanestro eseguiti già secondo uno stile che, pur rispettando la fascia di età evolutiva, dia quei primi rudimenti indispensabili per non ricominciare tutto da capo nella prima categoria di pallacanestro che è l’U13. Certamente la capacità di anticipazione e scelta viene da noi enfatizzata in particolar modo, perché crediamo al metodo del “problem solving” sin da piccoli. Non abbiamo bisogno di automi esecutori, quanto di essere pensanti e intelligenti che abbiano la libertà e la capacità di scegliere cosa è meglio per risolvere un problema di gioco che si presenta all’improvviso. Il nostro è un gioco situazionale in evoluzione temporale.

– Cosa succede dall’U13 in avanti? Dal punto di vista dei risultati succede che magari i nostri gruppi di minibasket che fino all’anno prima rifilavano dei “ventelli” alle loro pari età, cominciano a soffrire le società cosiddette “blasonate” che in questa categoria fanno incetta del circondario e oltre, per colmare quelle lacune che non sono riuscite a colmare con il lavoro in palestra. E qui comincia la forbice tra le società che lavorano reclutando e basta e le società che (minibasket o non minibasket) assemblano talenti prendendole già pronte a destra e a manca, con un grosso lavoro di “pubbliche relazioni” che supera e sopravanza il lavoro in palestra. Su questo punto al nostro interno abbiamo deciso di “fondere” le due pratiche: 1) continuare a far crescere le nostre “bimbe” senza disperderne nessuna e 2) provare a ricercare talenti che davvero ne valgano la pena, che possano rafforzare i gruppi già esistenti, aiutando anche il gruppo stesso a migliorare. Di certo, questo è sicuro, non ne perdiamo nessuna delle nostre. Perché il nostro patto con i genitori e le famiglie è sacrosanto. E non c’è stellina che tenga, che possa obnubilare la buona pratica del far innamorare le ragazze di questo meraviglioso sport. Qui noi non svendiamo l’anima alla dea Vittoria. Proviamo a costruire persone, oltre che giocatrici, pur sapendo che anche noi abbiamo una squadra di vertice in serie A, che necessità di qualità fatta in casa.

– Tutte le categorie del settore giovanile hanno quindi ugual valore e stessi obiettivi? Tutte le categorie del nostro settore giovanile hanno pari dignità e lo stesso diritto a essere considerate il centro dei nostri obiettivi di formazione e crescita. C’è una progressione scolastica con obiettivi e metodi tarati sull’età e sulle capacità. Ma se nell’U13 e U14 perseguiamo la formazione del gruppo squadra, con grande attenzione alla crescita dei fondamentali individuali e di squadra, senza puntare alla “vittoria” a tutti i costi; nelle categorie cosiddette “elite” U16 e U18 proviamo a fare selezione per privilegiare un lavoro che porti la maggior parte delle nostre ragazze ad essere pronte per un campionato senior di alto livello. E questo significa provare a uscire dalla Lombardia per aumentare l’esperienza formativa, sino a spingerci al confronto con le migliori scuole italiane ed europee. Negli ultimi anni le nostre giovani hanno viaggiato per l’Europa, oltre che ospitare selezioni provenienti dalla Spagna, Francia, Ungheria, Bulgaria, Lettonia, Svizzera, Russia e scuole dell’Est in genere. Noi crediamo molto all’esperienza del confronto per imparare e crescere.

– Non ci ha ancora parlato del gruppo U20, che pur tanto ha vinto negli ultimi anni… Vincenti certamente, ma l’U20 è il termine di un percorso giovanile che introduce il percorso senior. Non è un caso se negli ultimi anni la nostra prima squadra di serie A contempla nel roster quasi per intero le migliori ragazze del gruppo U20. E’ il corretto percorso secondo il nostro pensiero, che porta le nostre giovani a confrontarsi gradualmente e secondo le proprie capacità del momento, in categorie “adulte” che ti insegnano ciò che il giovanile non potrà mai insegnarti: quella furbizia, malizia che solo l’esperienza senior ti può insegnare. Anche prendere quella giusta dose di “legnate” legali, aiuta il percorso. Ed ecco perché le nostre ragazze giocano praticamente su tre fronti: 1) U 20 con obiettivo Finali Nazionali ogni anno, per concludere il percorso giovanile con un lavoro di alta qualità che miri all’Eccellenza; 2) un campionato senior regionale (per noi quest’anno la serie C con l’obiettivo di vincere e salire in B) dove incontrare ottime atlete magari non più tanto giovani ma che, in quanto a malizia e furbizia, hanno ancora tanto da insegnare. Parliamoci chiaro, se hai un gruppo di qualità U20, alcune partite giovanili non insegnano nulla, perché vincere di 40/60 punti non affrontando problemi da risolvere, non serve assolutamente a nulla. Mentre affrontare partite di serie C o B, e parliamo di Lombardia naturalmente, insegna a molte ragazze a “svegliarsi” e tirar fuori quel carattere che sarà indispensabile avere per competere a livello di serie A. Non puoi improvvisarti campionessa se non hai fatto un certo tipo di gavetta. Di vere campionesse “nate pronte” come per esempio Cecilia Zandalasini (che pur è passata giovanissima dalla A2, prendendo anche sane e terapeutiche legnate, prima di entrare in pianta stabile in A1) se ne contano sulle dita di una mano, il resto ha bisogno di crescere giocando con la possibilità di muoversi secondo una progressione intelligente. Insopportabili sono alcune dichiarazioni o filosofie di pensiero di alcuni cosiddetti addetti ai lavori (più di partito preso che razionali), molto da “puzza sotto il naso” … che snobbano le serie senior regionali. Soprattutto in Lombardia, infatti, la qualità è quella giusta per una giovane che vuole crescere; 3) la serie A2 è il campionato perfetto per una giovane di qualità che voglia crescere. Ma anche gettare nella mischia una giovane a questo livello, senza l’adeguata preparazione psicologica, fisica, tecnica e mentale, significa aumentare il rischio di perderla per sempre. Il processo inibitorio del “allora non sono capace”, nel mondo femminile è sempre dietro l’angolo. E la percentuale di ragazze che smettono è sempre troppo alta, per lasciare a superficialità e pressapochismo il comando delle scelte. Occorre pazienza e gradualità. E in un mondo di consumisti come il nostro, te lo assicuro, questo è il percorso più difficile. Ancora oggi ci sono fenomeni da bar che ripetono concetti desueti del tipo : “ … e ma se a 17 anni non sei pronta per una serie A, è meglio che lasci perdere…” Dimenticandosi che di Meneghin, Macchi e appunto Zandalasini ne nascono una ogni tot anni … con buona pace di tutto quel mondo di sensibilità, gradualità, insegnamento, quella volontà di fornire sicurezze e certezze che fortificano, anziché giudizi che distruggono la persona prima ancora che la giocatrice… e qui i peggiori nemici sono, purtroppo oltre ad alcuni allenatori, anche alcuni stessi genitori che vorrebbero la propria figlia arrivare senza patire piccole e/o grandi amarezze-delusioni che fanno invece parte della Vita adulta. Noi da quest’anno apriremo il Sanga Lab per tutto il giovanile, fatto si anche di studi statistici a tutto tondo sulle giocatrici della prima squadra, ma di studi video sulla tecnica di tiro per tutte le categorie, in funzione di un lavoro individualizzato che miri ad accorciare i tempi di apprendimento secondo il concetto che “… se vedo i miei errori, li correggo più facilmente…“  Sgombro subito il campo da ipocrisie, aggiungendo che in questa categoria noi cerchiamo, ogni anno, un paio di giocatrici “esterne” che ci aiutino ad aumentare il tasso di talento là dove ci difetta. Fornendo in cambio un percorso di formazione senior che contempli un investimento da parte nostra, in tempo individuale dedicato nel gruppo di serie A2, per quelle giovani che vogliono accrescere il proprio bagaglio introducendosi, adesso e subito, dagli allenamenti alla partita, in un livello alto del campionato di serie A2. Per noi questo è un investimento. Queste ragazze non sono nostre, ma diamo loro la possibilità di mettersi alla prova. Spesso queste atlete sono ritornate alle società di appartenenza portando in dote con se preziosi NAS : Claudia Colli, Ludovica Rossini, Cecilia Albano e Ilaria Zinghini tra le ultime giocatrici da noi lanciate in serie A, ma tante altre ancora come Ruisi, Rossi, Guarneri , Montuori, Gatti Valentina, Canova ecc… Se le ragazze arrivano a costo zero, tornano alle rispettive società di appartenenza riportando in dote un valore aggiunto che si traduce in NAS, grazie al nostro lavoro. Se invece le società di appartenenza vogliono un “conquibus” in cambio, noi richiediamo la cessione del diritto sportivo, altrimenti saremmo degli stolti a lavorare per gli altri e nel contempo pagare per questo.

– Diciamo che più di una Scuola Basket, sembra Lei stia parlando di una Scuola di Vita … Perché c’è differenza? Lo sport è per me un laboratorio protetto di scuola di vita, dove imparare a rispettare le regole, ad accettare le dinamiche di gruppo. A vivere un’amicizia vera e non come se fosse scritta sul foglietto dei baci perugina. Dove si impara a superare le delusioni. Dove si accettano i propri limiti, per ripartire nel superarli dopo essersi messi al lavoro. Alcune esperienze che vivi nello Sport da giovane, te le porti dietro per il resto della Vita, amicizie comprese.

– Perché una famiglia dovrebbe portare una bambina o una ragazza da voi? Beh… prima di tutto perché magari non lo sai, ma abiti vicino a una delle nostre palestre, e sono ben dieci tutte situate a Nord – da Ovest a Est di Milano e tutte raggiungibili comodamente in metropolitana… visitare il sito e confrontare dove si abita…- ride di gusto coach Pinotti – poi perché hai capito che oltre a insegnare la pallacanestro ti diamo la possibilità di essere te stessa nel crescere come persona. Certo che se cerchi un percorso facile, come vorrebbero i cosiddetti “genitori spazzaneve”, quelli che anticipano il cammino dei propri figli spazzando e togliendo ogni possibile ostacolo, ecco allora è meglio che non vieni al Sanga – altra sonora risata – ma a parte gli scherzi, io, con molta poca modestia, credo che il Sanga sia un po’ come la “Apple” del Basket femminile. Arrivati nel panorama tra gli ultimi (Nd R – Minibasket nel 1997 e Basket dal 1999), abbiamo impresso un’accelerazione pazzesca, frutto di passione, competenza, anche “provvidenza” ed entusiasmo di un così numeroso gruppo di persone, che altri non sono stati in grado di attuare se non in tempi molto più lunghi. Dobbiamo avere la capacità di variare le nostre proposte e qualificare l’offerta. In una piazza come Milano, tra l’altro, in cui fare Sport e anche solo pensarlo, è una delle attività più difficili e costose, siamo passati da un oratorio (San Gabriele Arcangelo in Mater Dei costruita dall’Architetto Achille Castiglioni) alla serie A in soli 10 anni: 19 ottobre 1999 e Finale vinta al Pala Lido di Milano il 23 maggio 2009, davanti a oltre millecinquecento persone, con la benedizione del Presidente Dino Meneghin e guidati da Coach Stefano Fassina. Portare una giovane milanese al Sanga, dovrebbe rappresentare un onore oltre che un piacere. Noi non “vendiamo” e soprattutto non “promettiamo” nulla, non siamo “perfetti” ne “unti” dal Signore, però chiediamo di venire a provare a giocare, poi se ci si diverte, si rimane, altrimenti si cambia… Noi non ci sentiamo meglio di altri, ma sicuramente “diversi”.

– Tornando al movimento femminile, vuole provare a lanciare un messaggio? Vorrei dire che occuparsi di pallacanestro femminile è difficile. Siamo l’ultima ruota del carro, essendo sport al femminile, ma le società e gli addetti ai lavori dovrebbero “svecchiarsi” e togliersi di dosso tutti quei pregiudizi, quelle vecchie pratiche antipatiche del parlar male dell’altro e di tutti in generale, del collaborare solo quando c’è da guadagnare, del vedere nemici ovunque anziché compagni di viaggio. Siamo noi stessi il peggior male della femminile e finché ci presenteremo divisi nell’affrontare i temi importanti, saremo sempre perdenti. Abbiamo fatto del “lamento” il nostro principale modus operandi. Dovremmo agire di più e insieme, anche rischiando di sbagliare ma, vivaddio, con un po’ più di vita in corpo, più propositivi. Fare un passo indietro nel nostro piccolo orticello, per fare dei gran passi avanti tutti insieme nell’allargare il confine di tutto il territorio della pallacanestro femminile. Per superare alcune regole della Fip, basterebbe un manifesto di “gentlemen agreement”. Ci sono tante brave persone, piene di passione e di entusiasmo, ma dovremmo imparare a riconoscere l’uno nell’altro una potenziale occasione per fare meglio, piuttosto che guardarsi in cagnesco e/o a seconda della necessità del momento, accordarsi più o meno a tempo, perseguendo piccoli e fragili vantaggi. Soprattutto dobbiamo evitare di inseguire i problemi. Dobbiamo operare con una programmazione certa che preveda ed eviti le incomprensioni, e dia certezze alle società che vogliono costruire. Si, si può fare! Ma insieme. Se vuoi collaborare per raggiungere un obiettivo, devi essere pronto a perdere qualcosa. Ma è un investimento, per guadagnare qualcosa di più grande e importante. Spesso vedo gente che per guadagnare un euro oggi, perde i cento euro di domani. Ecco, questa è scarsa lungimiranza e professionalità. Vedo il professionismo come qualcosa di impossibile nel nostro mondo, ma un aumento di professionalità invece, sarebbe già un bel toccasana. Aumentare le competenze e diminuire i costi, sarebbero già due punti fondamentali per un programma di lavoro. Serve il dialogo, franco e sincero, e non il muro contro muro. Se riusciremo un giorno a sederci a un tavolo, con fare collaborativo, noi tutte le società femminili di vertice e della base, allora potremmo diventare una “Forza” alla quale diventerebbe difficile opporsi. Ma finché ognuno cercherà piccoli e fragili vantaggi personali, ci ritroveremo sempre con un pugno di mosche in mano. Occorre un cambio culturale e di mentalità da parte nostra.