Trapani, a tu per tu con Patrick Baldassarre

Fonte: Ufficio Stampa Pallacanestro Trapani
Trapani, a tu per tu con Patrick Baldassarre

Patrick, qual è il primo ricordo di te in compagnia di un pallone da basket?

“Guarda, uno dei miei primi ricordi in assoluto è con un pallone. Ho ereditato gli stessi cromosomi di mio padre. La mia mamma mi racconta sempre di quella volta che, avrò avuto 3 anni, piangevo fiumi di lacrime e lei non si spiegava il perché. Poi mi mise in mano un pallone e smisi immediatamente. Mi sa che eravamo proprio destinati a conoscerci io ed il pallone da basket…”.

Ricordi la prima volta che hai indossato pantaloncini e scarpe da basket?

“Certo che sì! Ricordo l’emozione di vedere per la prima volta tanti bambini che condividevano con me la stessa passione. Ogni tanto ci penso ancora a quel giorno. Ricordo di essere entrato in palestra come se avessi dovuto giocare la partita più importante della mia vita. E’ un’immagine che custodirò per sempre nel mio cuore”.

Come andavi a scuola?

“Andavo più o meno bene. Appartenevo a quella categoria di studenti che il primo quadrimestre non studia nulla o quasi e poi, nel secondo, si impegna per dimostrare ai professori che ci tiene. Ecco, io facevo esattamente così. Poi non è stato sempre facilissimo anche perché considera che, per il basket,  le superiori le ho fatte in 4 città diverse: Bergamo, Treviso, Milano e Roma”.

Sappiamo che hai girato tante città, raccontaci un po’ il tuo cursus honorum.

“Beh, il mio primo approccio col vero basket fu a 13 anni quando feci un provino per la Fortitudo Bologna. Mi presero ma proprio quando stavo per partire mi chiamò Milano e scelsi di andare lì. Sono stato a Milano 2 anni: poi, a 16, andai a Treviso dove ebbi la fortuna di essere chiamato ad allenarmi anche con la prima squadra. Immagina come potessi sentirmi, quella era la Treviso di Edney, Pittis, Garbajosa, Bulleri, Langdon al comando di Ettore Messina. Fu lì, a 15 anni, che feci anche la mia prima presenza nell’Olimpo del basket. A Pesaro sul +20 a 1 minuto dalla fine Messina mi fece entrare. Che emozione indescrivibile…”.

Il passaggio da “giovane” a “giocatore professionista”: come lo hai vissuto?

“Direi bene. Al mio primo anno in B2 al College Italia, a 18 anni, vinsi il premio come miglior giovane e fu il mio trampolino di lancio. Poi Treviglio, Castelletto e da lì la chiamata di Sassari con la promozione in serie A”.

Hai sempre pensato che saresti diventato un giocatore di basket?

“E’ sempre stato il mio sogno. L’ho inseguito ed ho lottato per raggiungerlo. La mia strada è ancora in salita, continuerò a lottare per raggiungere l’obiettivo di giocare in serie A1”.

Ritieni di appartenere alla categoria di giocatori che hanno sfondato per il loro talento o pensi che quello che hai ottenuto sia il frutto di smisurato impegno e dedizione al lavoro?

“Un po’ l’uno e un po’ l’altro. Ovviamente, altezza e struttura fisica sono doti naturali ma io ritengo che alla lunga quello che faccia la differenza sia la testa. Per esempio considera che io, ahimè, non ho mai fatto un europeo o altro con la nazionale, venivo sempre tagliato prima. Ma di quei giocatori ben pochi hanno realizzato quello che poi sono riuscito a fare io. E’ stato anche questo a farmi crescere come giocatore. Il talento ti aiuta fino ad un certo punto, poi serve anche altro”.

Il ricordo più bello legato alla pallacanestro?

“La promozione con Sassari in serie A. L’ambiante è molto simile a quello di Trapani, lo stesso calore e la stessa empatia tra il pubblico e la squadra. L’impatto ed il rapporto con la gente è una cosa che per me significa molto!”.

C’è un giocatore a cui ti ispiri?

“In estate mi alleno con Gregor Fucka, i tanti miglioramenti che ho fatto li devo a lui. Di Gregor ammiro la sua mentalità vincente e la sua cultura del lavoro. Davvero un grandissimo!”.

Il giocatore più forte con cui ti sei scontrato?

“Il mio grande amico Danilo Gallinari”.

Raccontaci un retroscena da spogliatoio…

“Non voglio svelare segreti! Vi dico solo che mi diverto da morire quando prendiamo in giro il marcato accento romano di Tabbi”.