Barcellona, Bucci si sente capitano «Voglio restare e dare ancora tanto»

La guardia ha un altro anno di contratto
Fonte: La Gazzetta del Sud
Ryan Bucci
Ryan Bucci
© foto di foto da legaduebasket.it

Fa caldo a Barcellona, e con l’arrivo del solleone si alzano i termometri, soprattutto quello delle emozioni giallorosse. Il 32enne Ryan Matthew Bucci, capitano della Sigma Barcellona, ne ha scritte e progettate tante di pagine in città, un turbinio di gioie e passioni che nessuno oserebbe rinnegare nonostante i grattacapi derivati dall’ultima stagione. Basti pensare alle parole che quasi giornalmente vengono spese sui forum di interesse, in cui gli attestati di stima nei confronti dell’ormai barcellonese d’adozione si succedono a go-go. Nonostante la lontananza dal parquet, lui intanto si allena senza palla in palestra confermando di essere il solito professionista di sempre, stereotipo dell’atleta perfetto che non conosce ozio e non vede l’ora di ripartire in carreggiata. Si sa, Ryan Bucci è questo: umile e razionale, un ragazzo alla mano che inoltre sa sempre dire le cose giuste al momento giusto. D’altronde la voglia non gli è mai mancata, e nel frattempo il destino gioca persino a suo vantaggio: il prossimo anno le regole per la nuova Legadue doneranno agli italiani un incentivo in termini di spazio, quest’ultimo aspetto da tenere bene a mente per chi di spazio quest’anno ne ha avuto sempre poco. Ma lui parte dal recente passato, offrendo la sua analisi sull’eliminazione patita al primo turno contro Trento: «Non siamo stati all’altezza –ammette Bucci –. Abbiamo fatto un passo indietro dopo aver vinto a Pistoia, non confermando ciò che di buono avevamo prodotto fino a quella gara. Già in gara-1 contro Trento non c’è stata la durezza necessaria per contrastarli, soprattutto in difesa. Successivamente, in gara-2 siamo stati sfortunati e da lì ci siamo messi in una situazione difficile, probabilmente facendoci condizionare dalla prima partita. A Trento siamo andati comunque decisi di riaprire la serie, ma era come una montagna da scalare dopo la tempesta derivata dalle prime due gare in casa». Sul piano personale non è andata molto meglio al capitano, costretto per scelta tecnica ad un minutaggio ridotto rispetto alle due precedenti annate in Legadue (dai quasi 28’ di media nei primi due anni con Pancotto in Legadue ai 18’ di quest’anno con Perdichizzi). Aspetti che peseranno e non poco nell’immediato futuro? Intanto l’affetto della gente non tarda mai ad arrivare. «Sono qui da 4 anni e questa città è come se fosse casa mia – afferma Ryan, ancora legato al sodalizio di Via Roma da un altro anno di contratto –. È presto per parlare con la società, che come leggo si sta muovendo alla ricerca di un gm. Non ho parlato con nessuno e il mio agente non mi ha comunicato ancora nulla. Da parte mia so che posso e voglio dare di più, mi sento bene e voglio divertirmi a giocare a pallacanestro. Non ne faccio neanche un problema di soldi, altrimenti non avrei fatto le scelte che ho fatto lo scorso anno. I contratti valgono poco al giorno d’oggi, ma sono convinto che posso dare ancora tanto e sentirmi davvero parte importante del progetto sarebbe fantastico. Quest’anno pur giocando poco non ne ho fatto mai un problema, perché le scelte vanno rispettate e oltretutto si vinceva. È stata dura stare tanto in panchina, un sacrificio che ho fatto per il bene del team. Oggi però ho bisogno di fare delle riflessioni e sentirmi importante». La voglia è senza dubbio quella di fare bene in casacca giallorossa, un aspetto da tenere in considerazione per chi come Bucci ha condiviso con la tifoseria e la città sia i pro che i contro delle recenti stagioni sul Longano. Un legame, ossia quello squadra-pubblico, che per molti sembra andato sempre più scemando. «Non possiamo dire che la città si è allontanata –dichiara il nativo di Smithtown –. E non possiamo neanche fare dei paragoni con il passato. L’anno della promozione è stato un anno speciale, nel quale molti di noi hanno creato un filo conduttore con la città. Non so se questo è dipeso dal fatto che eravamo tutti italiani, ma l’allontanamento o disaffezione di questi anni, se così li possiamo definire, è derivato dalla squadra e non dal pubblico, e questo ci dispiace. Purtroppo è andata così, ma io mi sento legato a questa gente e giocare ad alti livelli per loro mi inorgoglisce e il coinvolgimento non è mai venuto meno per quel che mi riguarda. Sono pronto, ma aspetto di parlare con la società». Apertura o meno, il capitano fa sentire la sua voce.

Mario Garofalo