Il caso - Teofili fa rima con Baskettopoli?

28.05.2011 17:49 di Enrico Campana   vedi letture
Alessandro Teofili
Alessandro Teofili

“L’arbitro è un pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio” (MP di Baskettopoli)

(Enrico Campana) Adesso c’è dunque anche il caso-Teofili, potrebbe trattarsi solo di una “bega interna”,del classico “trappolone” romanesco, come si definisce il peccato di leggerezza. Tesi analoghe, insomma, a quelle della linea ufficiale che Meneghin ha adottato sul Baskettopoli o magari c’è qualcosa di più grosso?.
Controverso personaggio, ex arbitro (romano) di alto livello, sospeso per 3 anni per un caso-scommesse e allibratori dalla Fip e dalla stessa assunto, con un buon contratto, in qualità di istruttore nazionale degli arbitri, “Teo” avrebbe costretto un osservatore (Vassallo di Roma) a cambiare un giudizio sulla prestazione di un arbitro (Giovarosa di Roma) in una gara di Lega Due.
Mentre un avvocato di Bologna preannunciava l’ esposto da parte del suo cliente (l’arbitro Giovarosa) ecco il colpo di scena: “Teo” si è autoconvocato dal Procuratore Federale in procinto di aprire l’inchiesta. Con uno scopo ben chiaro: il tentativo di minimizzare questo intervento, mentre per qualcuno “tenta di ingarbugliare la situazione…”
Può darsi che alla fine passi la tesi di tre amici al bar, in fondo un istruttore nazionale può affermare che esercitava le sue funzioni, probabilmente il legale eccepirà dicendo che in fondo dava un giudizio a scopo migliorativo, non faceva favori. Come minimo c’è però violazione del principio di lealtà e correttezza che comporta già una sospensione da 3 mesi a 3 anni, che tuttavia questo basket “vischioso”ha cancellato del tutto, facendo crollare il primo fondamento dello sport. Ma c’è anche un’ipotesi di “frode sportiva”, con una sanzione fino a 5 anni..
Come prova ci sarebbe anche un file, una registrazione telefonica, la possibilità di riscontrare sui tabulati la chiamata da cellulare dell’istruttore degli arbitri all’amico osservatore (o commissario). Per ora la Fip non l’ha scaricato, rimane al suo posto.
Quel che lascia perplessi è la mancanza di cautela, di senso si responsabilità anche morale nel gestire meglio il proprio ruolo di istruttore super partes che non può permettersi di inficiare un giudizio tecnico che non gli compete e non gli è stato richiesto. Stupisce anche che non abbia fatto tesoro dell’“infortunio” del passato, una vicenda di scommesse con 3 anni di sospensione, e il poco rispetto per la nuova carriera, e per chi gli ha dato fiducia dentro la Federazione in una risalita “miracolosa”, senza precedenti.
Con quello che è successo nel mondo arbitrale fra il 2007 e il 2009, e il rinvio a giudizio di 41 arbitri da parte della Procura di Reggio Calabria per vari reati, frode sportiva e associazione per delinquere, proprio il controverso Teofili era dunque il primo a dover dare prova di massima trasparenza, essere paladino del possibile nuovo corso.. Ma qui la sorte è stata beffarda con una linea buonista un po’ ipocrita che, in fondo, sta demolendo giorno dopo giorno il sistema costruito con anni di fatiche e lavoro esemplare.
Ignorando purtroppo il “peccatuccio” delle scommesse, scoppiato il bubbone di Baskettopoli, Teofili era stato infatti mandato a Reggio Calabria col compito di una missione delicata, quello di consulente tecnico. Per farci capire: proprio a lui è toccato “istruire” il PM del processo, caratterizzato da fase istruttoria complessa. Per cui si chiede la gente: avrà cercato davvero di fare luce sui moltissimi “misteri eleusini” che gravano sul mondo dei fischietti, o era lì per metterci un bel coperchio sopra ?
Voglio davvero negare la seconda ipotesi. Negli atti processuali vengono infatti elencate decine e decine di gare inquinate da vari commissari pilotati che a loro volta muovevano “arbitri-robocop” falsando conseguentemente anche i verdetti di gara. E compaiono anche, con atti rilevanti, arbitri e personaggi ancor oggi operativi nel cosiddetto “primo livello” e non solo per un chiacchiericcio nell’ambiente (il cosiddetto de relato). Un caso Moggi senza il grande burattinaio. Nelle 200 pagine addirittura si descrivono alcuni peccatucci di “capi, capetti e capurioni”, immagine riflessa del “potere rampante” del mondo arbitrale. I nomi sono quelli del “superdesignatore” Rino Colucci e il presidente e vicepresidente dell’Associazione Italiana Arbitri, Enrico Sabetta e Carmelo Paternicò, i quali tentano nelle intercettazioni di dare una bella spintarella a qualche loro protetto. Nessun provvedimento è stato preso, salvo quello di rimuovere il presidente del CIA Luciano Tola che almeno fermandoli cautelativamente un turno aveva tentato di mandare un avvertimento: “così non si può andare avanti”.
L’analisi di due anni fitte di intercettazioni, un lungo elenco degno dello spesso e famoso del “who is who?” meritava un azzeramento, un cambio di politica brusco. E’ successo invece che il presidente Tola, quello del codice arbitrale e del passaggio all’autogestione, sia stato deposto senza che la Fip battesse ciglio dopo l’ammutinamento degli illustri intercettati di Baskettopoli, e che successivamente una gattopardesca gestione commissariale del problema, abbia addirittura dato maggior potere proprio ai peccatori che alla fine hanno acquisito la convinzione di avere l’impunità. E adesso, senza nemmeno uno straccio di “processo breve” stanno già demolendo il (debole) tentativo di ricostruzione del settore arbitrale, o CIA.
E’ chiaro che se fosse dimostrata l’accusa che l’arbitro Giovarosa ha rivolto a Teofili di aver condizionato un voto e, quindi, di essere caduto - a sua volta - nella pratica gelatinosa denunciata nel processo nel quale è entrato da consulente, perderebbe forza la brillante accusa della “giudicessa” della Procura reggina partita in quarta con l’accettazione di alcuni patteggiamenti, a dimostrazione che, per dirla come Shakespeare, “c’era del marcio in Danimarca”. La giudicessa di ferro , sancito infatti in senso giurisprudenziale la figura dell’arbitro quale ”ufficiale pubblico in servizio” , aveva raccomandato la Fip di tenere gli occhi ben aperti su un diffuso “malaffare” . Invece, l’intervento improvvido di Teofili ha prodotto qualche piccola, ma importante crepa per il prosieguo del processo a luglio. Ad esempio, nell’organigramma di gestione degli arbitri è stato omesso un fatto basilare: che Rino Colucci è il superdesignatore della Serie A, mentre nelle carte processuali, viene indicato Felice Paronelli. Vero è che Colucci è pagato 60 mila euro dalla Lega, ma fino all’anno scorso – cioè al tempo delle intercettazioni – risultava in nota spese della Federazione, per cui farà bene la Fip a cautelarsi passando al Procuratore l’elenco dei vari viaggi durante la stagione, e relativa causale. Questa è la dimostrazione inequivocabile della “tracciabilità federale” del soggetto.
Le carte, seconda debolezza, ammettono di non aver individuato il vero regista della denuncia alla Magistratura, e questo cosa significa?. Che il poliziotto-arbitro, rivoltosi alla Procura, era solo una piccola rotella di un sistema più ampio?. Uno degli imputati maggiori, del resto, segnalò alla Gazzetta, un livello più alto .
Insomma, il caso-Teofili è spinoso, e Dino Meneghin farà bene a chiedere un prezioso consiglio al Presidente del CONI Petrucci che, ricordiamo, è dovuto intervenire personalmente invitando una Fip sonnecchiante a tirare fuori dal cassetto gli atti processuali, come atto di dovuta trasparenza.
E’ difficile continuare a pensare che questa sia ancora la classica tempesta in un bicchier d’acqua, è piuttosto il fallimento di un progetto vero di riforma del settore per colpa di certa piccola politica federale dei comitati regionali. E di una sorta di semplice tentativo “omeopatico”, inserire cioè un virus per battere quello maligno, affrontato però senza la squadra giusta, capace sia del pugno di ferro che della diplomazia, della conoscenza della materia.
Il settore arbitrale è di nuovo ko e il suo destino segnato una volta passati i playoff (intervenire adesso creerebbe polemiche esplosive e dannose all’immagine di un mondo che ha bisogno di sponsor, contratti Tv e consensi).
Col veneto Tiziano Zancanella, ex arbitro di A, il settore arbitrale ha acquisito una persona grande e grossa dotata di buon senso, spiccia, con voglia di lavorare senza adeguato bagaglio diplomatico, ma soprattutto di necessaria copertura federale nella guerra di potere sferratagli dal sindacato dei fischietti.
Vinta la guerra con Luciano Tola – il quale tuttavia ha depositato al Procuratore del basket un verbale scottante, quella dell’ultima riunione del suo direttivo ad Avellino, in cui si legge che l’Aiap chiede la sua testa, - cooptato “sciaguratamente” dal Commissario addirittura nella compilazione delle liste, il vertice del Sindacato è riuscito a mettere alle corde anche il buon Zancanella e i suoi carneadi che, poveretti, sono stati costretti a difendersi con comunicati stampa poco comprensibili, che non hanno interessato i giornali.
L’Aiap ha cominciato prendendo l’avversario alla larga, lavorando di fioretto. Per esempio strumentalizzando la protesta degli associati a favore della sospensione , con modalità risibili e tardive, di un personaggio come Facchini, salvo prendere poi il posto del collega punito nella terna guadagnando un bel passaggio Tv (oltre al gettone) , bella prova di coerenza… . Quindi, ha lavorato al mento contestando l’illegittimità delle molte sospensioni per errori tecnici e comportamentali in cui sono incorsi essi stessi (vogliamo parlare del caso-Paternicò di Benetton-Virtus Bologna?) nonostante una sentenza della Corte Federale sul caso Facchini che pur non condivisibile era favorevole al CIA. Per cui l’Aiap non poteva contestarla, salvo lo scioglimento del sindacato da parte della Federazione.
Ultime mosse, ignorare bellamente (assieme ai designatori) l’invito di Zancanella alla presentazione delle liste di Lega Due e contestare la cancellazione del raduno tecnico prima dei playoff di A.
Di fatto l’ingranaggio arbitrale viene bloccato sempre più frequentemente, da due anni a questa parte, a causa delle iniziative di un vertice discusso che opera in maniera discutibile ( leggere Baskettopoli). Un sindacato che non potrebbe essere nemmeno riconosciuto dalle carte federali ma capace di affondare di volta in volta la lama nelle debolezze del sistema. E che sta realizzando di fatto, fuori dalle regole o codici personalistici, un auto professionismo invidiabile che può portare, fra i vari vantaggi, punte di 10 mila euro mensili fra campionato e coppe per 8-9 mesi all’anno.
Di fronte agli assalti concentrici dei boiardi del fischietto per riequilibrare la gestione degli arbitri ed eliminare le molte anomalie “gelatinose” degli ultimi due anni , vedi anche il lavoro del superdesignatore e dei commissari di A, il caso-Teofili fa capire che è l’ora di dire basta, e usare se occorre tutta l’autorità possibile. Una cosa di cui al Meneghin giocatore non ha mai fatto difetto. E non c’è che una sola strada, quella di una verifica intanto di una corretta e rispettosa politica federale. La Lombardia, regione-faro, vorrebbe ad esempio commissariare a sua volta Zancanella per mettere un proprio uomo (il cremonese Gaia) e far saltare il patto col Veneto il quale avrebbe sempre maggiori difficoltà a sostenere il suo Zancanella.
Il conflitto, si capisce, è purtroppo frutto di un sistema debole che deve scegliere fra due strade, dimostrare di saper gestire questa situazione, o ricorrere come fece il calcio anni fa a personaggi come Rossi o il giudice Borrelli. E azzerare tutto, e affidare questa "transition" a un uomo forte, se occorre un uomo di Stato. E l’uomo giusto potrebbe essere il prefetto Vittorio Stelo, l’ex capo del Sisde, ascoltato consigliere di Stato il cui valore il CONI e il basket ben conoscono.
 

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